venerdì 15 luglio 2016

AVVISO AI NAVIGANTI



Questa pagina del mio blog, dedicata alla condivisione di un racconto sulla Magia dell'Esistenza, è attualmente in pausa, in attesa che io possa avvertire che è arrivato il tempo di occuparmene. Nel frattempo mi trovate altrove, ma la Magia la coltivo comunque e dovunque!

Stefania Gyan Salila

mercoledì 8 gennaio 2014

CAPITOLO 12 - KIMUTAKO LA GRANDE MADRE








Si era arrivati ad un punto morto nel processo di radicamento della Coscienza della Regina nel nuovo stato materico-cellulare. La sua volontà vacillava di fronte alla densità di quel processo, di fronte alla consapevolezza di quello che avrebbe dovuto affrontare nell’altro mondo. Era rinchiusa nella sua stanza da due giorni e tutto l’entourage sapeva che non era un buon segno. La Regina aveva bisogno che la sua energia venisse sostenuta ed incanalata e c’era una sola persona capace di associare la propria luce a quella della Regina portando la volontà a compimento, ma restando neutrale alla tempesta emotiva che questo poteva implicare. Quella persona straordinaria era la Maga Kimutako, dai grandi piedi e fianchi larghi, segno del radicamento nel qui e ora e del senso di accoglienza che instillava nel prossimo.
Arrivò con i suoi larghi abiti colorati, la pelle scura e gli occhi di un verde scintillante. Arrivò con l’aura colma di colori rossi e aprì piano la porta delle stanze protette.
La Regina era seduta come sempre in meditazione, gli occhi chiusi, il viso teso, come se non stesse vedendo qualcosa di piacevole. Kimutako si avvicinò piano, si mise di fronte alla Regina e si inginocchiò in segno di rispetto. La Regina aprì gli occhi e vide il caldo liquido verde di quegli occhi luminosi. Sorrise finalmente sollevata. Ora ce l’avrebbe fatta.
Kimutako si mise alle spalle della Regina, nella sua stessa posizione raccolta, respirò a fondo, chiuse gli occhi e chiamò a sé la Forza di Dio Padre Cielo e la Radice della Dea Madre Pangea. Visualizzò le due onde di energia, bianca quella del Padre, pulsante  e brillante, proveniente dall’alto, e una rossa, quella della Madre, forte, energica, proveniente dal basso.
Le sentì entrare in lei, dalla testa e dall’osso sacro, scendere e simultaneamente risalire lungo la colonna vertebrale, fortificando ogni singolo chakra, spandendo luce e calore che si diffondeva piano piano anche al di fuori del corpo di questa grande donna. La luce bianca e la luce rossa si incontrarono a livello del chakra del cuore, nella rosa vibrante, e si fusero dando vita ad una calda tonalità arancio brillante di vita, di slancio, di speranza, di gioia, di esaltazione e di piacere.
Il calore e la luce si espandevano al ritmo del respiro di Kimutako, che si mosse, appoggiando le mani sulle spalle della Regina, sostenendola con la Forza e la Radice, che erano suoi pur non appartenendole.
La Regina emise una lunga espirazione e poi inspirò. Si era connessa con la Forza dell’Universo e ora era.
Si visualizzò nello spazio, intorno a lei milioni di occhi luminosi che le sorridevano, le sorelle Stelle.
Una gioia incontenibile la riempiva, poteva raggiungere il proprio obiettivo, la Missione era lì davanti a lei. Visualizzò i suoi successori, coloro che avrebbero preso il suo posto una volta che lei avesse passato la porta.
Lei era esile, i suoi capelli chiari, un viso con un’espressione di eterno stupore, che esprimeva la capacità di accogliere in sé di tutte le possibilità.
Lui, un folletto magico, agile, irrefrenabile, con lo spirito di avventura indomito proprio dell’infanzia dorata.
Ecila e Retep avrebbero condotto la Valle di Ashtalan e Nalathsa con gioia e dedizione, ora ne era sicura e poteva andarsene.
Tutto si era compiuto.


Kimutako era una di quegli umani che avevano fatto la scelta evolutiva di risiedere ad Ashtalan dopo aver lasciato il corpo fisico sulla Terra. La sua anima aveva sentito il forte richiamo di quel posto, dopo averlo visitato tante volte con il corpo del sogno, e così era stato. Nel momento in cui era avvenuto il distacco dai legami gravitazionali terrestri, gli occhi del cuore di Kimutako si era direzionati verso il magico mondo della Valle Splendente e lì gli Angeli Ambasciatori l’avevano accompagnata, per prendere la sua forma in mezzo alle creature di Ashtalan.
Questo era stato possibile perché l’impronta animica di Kimutako era estremamente simile alla vibrazione ashtalana e il sodalizio si era compiuto. Kimutako poteva rimanere nella Valle a tempo indeterminato, finché non avesse sentito che la missione per cui si trovava lì fosse giunta al suo compimento.
Passava le sue giornate studiando la dirompente natura del paesaggio onirico e vivificante di Ashtalan, assaporando la connessione che tutti gli esseri dimostravano uno nei confronti degli altri. Era nota a tutti per la generosità e le capacità assistenziali. Sapeva incutere fiducia e sostegno con quel suo famoso sguardo verde liquido, in cui ci si poteva perdere per ritrovarsi sotto una nuova luce di speranza.
Soprattutto la sua assistenza si metteva in opera nei confronti degli umani che visitavano la Valle durante il Tempo del Sogno, e che covavano dubbi e indecisione nel cuore. In quel caso, lei sapeva guardare negli occhi di quei cuori ai quali rifletteva sempre un’immagine delle potenzialità insite nelle giuste decisioni da prendere. Poi sarebbe stato compito dell’umano al risveglio mettere in atto quanto assorbito durante il viaggio onirico.
In questo delicato momento di transito della Regina e di sdoppiamento del mondo di Ashtalan, il suo contributo era fondamentale. Essendo stata umana ed incarnata nella densità, manteneva in sé questa radice, la cui essenza era stata capace di trasmettere alla Regina nella sua meditazione, affinché della densità potesse apprezzare il richiamo, per lasciarsi andare definitivamente e senza più remore alla propria missione.
Quando la Regina non fosse più stata presente ad Ashtalan, si sarebbe occupata dei due nuovi reggenti, Ecila e Retep, per aiutare pure loro nel solidificare definitivamente i mondi doppi.
Intanto sulla Terra, il pianeta grigio, si era verificata una fortissima scossa tellurica, con epicentro in un punto dell’Oceano Pacifico, esattamente a metà strada tra i continenti, e fortunatamente per questo motivo non aveva causato crolli né vittime. Era stato un assestamento dovuto al nuovo allineamento.
Gli abitanti, ovunque si trovassero, avevano avvertito il terremoto, ma stranamente questo non aveva lasciato traccia di paura in loro. Tutti si guardavano intorno con sorpresa, ma quello che provavano era una sorta di vaga gioia e voglia inspiegabile di ridere. Avevano perso uno strato di pesantezza: la scossa aveva fatto dimenare il pianeta come un cane si dimena dopo essere uscito dall’acqua, per scrollarsela di dosso. I cuori erano più leggeri perché l’azione dei doppi mondi cominciava a fare il suo effetto.


Anche Lluvia cominciava ad avvertire delle piccole mutazioni dentro e fuori di sé. L’umore era sempre buono, si sentiva allegra ed ottimista, sentiva che il domani non le avrebbe riservato che rosei avvenimenti. Sentiva il proprio corpo avvolto in una calda coltre morbida, i gesti erano fluidi e rilassati e gli spigoli si stavano arrotondando. Le persone vedevano una bella luce nei suoi occhi e presto cominciarono a farle strane domande sul suo stato.
Una sera Lupo le mise le mani sul ventre e disse:  “La tua pancia mi chiama, non so come spiegarti, ma ho una voglia irresistibile di toccarla.”
Lluvia lo guardò diritto negli occhi proiettando nel suo profondo la calda luce e ammise: “Credo di sapere perché… Ti ricordi lo strano sogno in cui eravamo insieme in quel meraviglioso giardino e abbiamo incontrato quell’esserino straordinario? Credo che ci sia venuto a fare visita”
“Sarebbe?” chiese lui stupito, balbettando quasi “Vuoi dire che… vuoi dire che tu.. che tu…”
“Ho forti sospetti di essere incinta” affermò lei tranquilla. Nel suo intimo non era preoccupata della reazione di lui. Anche qualora fosse stata negativa, si sentiva talmente serena che qualunque cosa avesse detto lui, sarebbe andata bene.
“Sono attonito, non me lo aspettavo… anzi, no, se devo dire la verità, nel mio intimo l’ho sempre saputo, da quando ho fatto quel sogno. Mi aspettavo che sarebbe successo, non poteva essere altrimenti. Che facciamo ora, ci sposiamo?”
“Non credo che sia fondamentale. L’importante è sapere se tu sei felice di questa notizia. Per sposarsi c’è tempo. Abbiamo una casa in cui abitare. Intanto abituiamoci a questa idea di genitorialità, poi vedremo. Io sono talmente felice di questo che non ho altri pensieri. Non ho neanche fatto il test di gravidanza ancora, perché non ne ho bisogno. La presenza di questo bambino è già talmente forte in me che è come se fosse con me da sempre, come se tutta la mia vita fosse stata incentrata nel divenirne la madre, il corpo ospitante per dargli un posto nel mondo.”
“Io sono con te, ora e sempre. Sarà una meravigliosa avventura. Comunque facciamo un test e una visita, tanto per essere sicuri che tutto sia a posto.”

La  coscienza della Regina stava fluttuando nel nero infinito, scollata da qualsiasi forma fisica. Navigava nello spazio, muovendosi con grazia con la forza del pensiero e contemplava dal suo spazio il proprio luogo natio, la strabiliante Ashtalan, nell’orbita del pianeta grigio, che girava su se stesso accompagnato dalla sua luna, e Nalathsa, nuova creatura speculare.  Questo quartetto era fantastico da rimirare, la sua immagine innalzava la vibrazione della Regina e il suo fluttuare diventava ancora più veloce. Avrebbe riportato questa matrice nel minuscolo corpicino che si stava lentamente formando nel ventre di Lluvia, instillando in lei la visione salvifica per il futuro degli umani.

Quella notte Lluvia sognò di nuovo la bambina, ma questa volta si ritrovò a fluttuare in un spazio nero profondo e la sensazione la spaventava un poco. La piccola mano che stringeva la sua però le infondeva fiducia e lei si lasciò andare alle parole che sentiva nella propria mente. “Guarda Lluvia, a cosa è destinata l’umanità, guarda come è amata dall’Universo, che ha disposto ben due mondi al suo fianco per aiutarla a liberarsi dal grigiore diffuso. Sai perché è nato tutto quel grigio? Sono i Signori dell’Oro che hanno schiavizzato gli umani, per continuare ad usarli per i propri scopi meschini, ponendo gli uomini ad un livello di coscienza bassissimo, facendo loro credere di essere confinati in un destino di morte e peccato, senza felicità e remissione, facendo loro credere che il Paradiso è altrove e non nelle loro vite e nel qui e ora. Il mio compito è di illuminare il grigio e di farlo scomparire, come fanno il sole e il vento con la nebbia. Grazie per aver accettato di aiutarmi in questo. Io non sono altro che una dei tanti emissari della felicità universale che ogni tanto scelgono di nascere in mezzo a voi per insegnarvi il vero sorriso, quello del cuore, che scaccia la noia e apre al talento dell’anima. Siete uno dei pochi mondi i cui abitanti sono dotati di anima e questo è un privilegio che vi è costato l’invidia di molti altri mondi che hanno cercato di colonizzarvi nel corso delle ere per appropriarsene. Ma la limpidezza e la purezza dell’animo umano sono troppo vaste per loro e non riescono a capirla, così la sporcano per fare in modo che voi stessi non crediate nella sua esistenza e nelle possibilità che ha in sé. Aiutando me tu aiuti te stessa e chi ti sta vicino. Facendo nel piccolo, hai la possibilità di fare nel grande, poiché l’esempio è il migliore insegnamento. Seguimi e non aver paura.” Detto questo, le due creature si avvicinarono di più al pianeta grigio. La superficie era invisibile, nascosta dalla spessa nebbia, ma qua e là era possibile individuare delle fonti luminose. “Quei brillii sono umani che hanno imparato chi sono e usano le loro capacità per mantenersi sempre ad un alto livello vibrazionale. Dove loro sono, la nebbia si dirada e il cielo diventa visibile. Io ho il compito di far aumentare il numero di quelle luci, così che aumenti la superficie libera e le stelle tornino a farsi vedere, dentro e fuori.”


Poiché il tempo del Passaggio della Porta si stava avvicinando, la Regina sentì che era arrivato il momento di uscire dal profondo stato di meditazione in cui si trovava per annunciare l’evento alla popolazione di Ashtalan e presentare i due Reggenti. Presto non avrebbe più potuto farlo, perché la crescita della Vita che la stava attendendo continuava e la sua coscienza avrebbe dovuto abitare quel corpicino in maniera definitiva.
Fu così che iniziò il viaggio a ritroso dall’infinito a se stessa, aprendo lentamente gli occhi e portando la respirazione a livello superficiale. Avvertì subito la presenza avvolgente della stregonessa Kimutako, che l’aveva sempre assistita in quei giorni. Il suo aspetto era sereno e riposato ed emanava una sicurezza leggermente velata dalla malinconia che il distacco le stava causando. Sentiva di essere ormai tra i due mondi e avrebbe preferito, potendo, accelerare i tempi per non avvertire più la divisione interiore insita in quel processo.
“E’ venuta l’ora di parlare alla gente e di presentare a tutti i due reggenti. Tu mi aiuterai nell’organizzazione. Prima di uscire dalla meditazione ho lanciato un messaggio a tutte le tribù. Questa sera ci riuniremo nel palazzo e potrò salutare Ashtalan. Dopodiché i nostri contatti avverranno solo a livello onirico, mia cara, ma sono contenta. So che il distacco mi farà ottenere grandi risultati sul pianeta grigio e sono sempre più sicura di aver fatto la scelta giusta con le due creature che mi ospiteranno.
Prima di allontanarmi definitivamente voglio intercedere presso i Signori del Tempo, affinché, al termine della mia esistenza terrestre, io sappia già da ora dove potrò andare e in cosa mi trasformerò. Non voglio trovarmi persa, una volta che la mia coscienza lascerà quel corpo, quando sarà. Chiederò ai Signori di inviarmi degli emissari che mi guideranno in un posto sicuro per riprendere il mio ciclo vitale luminoso in questa dimensione. So che molti di noi non sono riusciti a mantenere il contatto a causa della densità sperimentata e non sono più tornati. La loro coscienza si era talmente identificata con i limiti umani che non sono più stati in grado di fare ritorno.”
“Sono sicura che i Signori non avranno nulla in contrario ad acconsentire alla tua richiesta. Tu hai sempre dimostrato di essere all’altezza dei compiti che ti sono stati assegnati. Ma hai già deciso in cosa trasformarti?”
“Ho avuto delle visioni durante la meditazione. Sono entrata nelle profondità di Ashtalan e ho sentito il suo cuore palpitante. Voglio mettere la mia luce al suo servizio e voglio integrarmi completamente in essa, quindi ho deciso che, quando sarà, la mia coscienza andrà ad abitare la roccia che costituisce le fondamenta del mio palazzo, voglio abitare la pulsazione di luce da cui tutto parte, farne parte e vivificarla.”
“Ma così non ti vedremo! Non potremo venire a ripararci sotto le tue fronde, se tu fossi un albero, come tuo padre ha scelto, o ammirarti che tu diventassi un fiore o una fata! Non potremo più vederti!”
“Ma mi percepirete chiaramente! Saprete quando tornerò, perché la mia presenza sarà viva e palpitante e sarò disponibile telepaticamente per tutti voi. Vi ispirerò e vi racconterò della mia esperienza, cercando di stimolare altri a seguire il mio esempio. Istruirò chi lo vorrà fare e il mio insegnamento sarà prezioso. Cosa temi? Piuttosto, ho bisogno che tu organizzi una scuola con questa finalità, mentre io sarò via, così al mio ritorno le informazioni saranno ancora fresche in me. La sede dovrà essere naturalmente il palazzo, perché sarà li che la mia coscienza sarà facilmente percettibile.”

Il salone principale del palazzo presentava uno spettacolo variopinto e meraviglioso, come solo l’unione di quattro arcobaleni sa installare nei cuori. Le più strabilianti tonalità di colore erano una di fianco all’altra, abitanti le varie creature delle diverse tribù. Lampi di giallo limone, scie di verde smeraldo, macchie di blu cobalto, aiuole di fucsia acceso e poi arancione e magenta, verde pisello e marrone opalescente, viola pulsante e azzurro cielo. La visione era delle più strabilianti. Occhio umano non avrebbe potuto rimirarla senza far impazzire di gioia il cervello a cui appartiene. Poi, su tutto, la fulgida luce rosea della Regina, piccola ma enorme nella sua luminosità. Alle sue spalle, la maga Kimutako, coi i suoi colori marroni della terra più fertile e lo sguardo verde liquido e al suo fianco due fanciulli, lei in azzurro, lui in verde, Ecila e Retep.
“Come sono contenta di avervi tutti qui con me, cari fratelli e compagni di viaggio!” iniziò la Regina. “Sapete che vi ho adunati per salutarvi, ma non siate tristi, il contatto onirico ci sarà sempre: a me servirà per non dimenticare e a voi per avere guida e sostegno. Sarò immersa in un’altra dimensione, ma visitarvi in sogno mi permetterà di tenere il mio livello energetico alto, che mi sarà immensamente utile per portare a termine la mia missione.
Ora vedete qui accanto a me altre due creature a voi sconosciute. Vi aspettavate un solo successore e ne trovate due. E’ accaduta una cosa straordinaria dopo il mio colloquio con i Signori del Tempo. Grazie all’osservanza della Profezia del Tempo e agli aspetti planetari che lo consentono, il nostro mondo si è sdoppiato, occupando un posto al lato opposto del pianeta grigio. Questo significa che il potere del Sogno è aumentato. Ognuno di voi ha un altro sé in tutto e per tutto uguale, che abita nel mondo al polo opposto, Nalathsa. Capite che profonda magia? Lavoriamo su una base doppia, possiamo essere doppiamente felici e sognare due volte più forte, perché quello che il vostro altro sé sperimenta, voi lo percepirete e sarete in contatto con lui o lei. Gioiamo insieme ora di questo evento straordinario e inviamo un fascio di luce atomica sul pianeta grigio, vedrete come servirà ad illuminarlo e a diradare la nebbia, anche se per un tempo limitato!”

E così fu che i due arcobaleni che collegavano Ashtalan e Nalathsa avvolsero completamente il pianeta grigio, i cui abitanti in quel momento credettero di sperimentare uno spostamento dell’asse del globo. Ma ognuno di loro tornò bambino per un istante e  si precipitò ad abbracciare chiunque fosse lì vicino.

Su Ashtalan, intanto, la riunione continuava, mentre Ecila e Retep stabilivano un contatto con le tribù, mettendosi a loro disposizione, lasciando che le loro coscienze sondassero i due giovani cuori.
La Regina parlò di nuovo: “Ora tornerò ancora una volta presso i Signori del Tempo e definirò i dettagli per il mio ritorno, quando sarà. Questa è l’ultima volta che vi parlo, il mio tempo ora è con la nuova dimensione. Custoditemi nei vostri cuori e nelle vostre menti e che i ponti arcobaleno vi colleghino alla fonte. “
Detto questo si ritirò nelle sue stanze e nessuno tranne Kimutako la vide più in quella dimensione. Il compito della maga stregonessa non era ancora terminato al fianco della Regina. Al momento della nascita del corpo terrestre, Kimutako avrebbe dovuto custodire il corpo della Regina fino al suo ritorno, fino al momento in cui questo avrebbe permesso l’altra trasformazione che la Regina aveva già scelto.


Lluvia aveva sentito parlare della possibilità di poter partorire in casa, sicuramente un procedimento poco ortodosso per i tempi moderni, in cui ogni nascita è estremamente medicalizzata, ma che avrebbe permesso la massima libertà di gestire questo momento così estremamente importante. Considerava importantissimo garantire al proprio figlio un risveglio sul nuovo mondo quanto più dolce possibile e fu così che cominciò la sua ricerca. Ovviamente la maga Kimutako aveva già smosso le acque dalla sua dimensione cercando di ispirare una delle migliori ostetriche disponibili, che avesse anche un occhio per la magia naturale, cosicché la reincarnazione della Regina avrebbe conosciuto le giuste mani appena atterrata.
Un giorno, casualmente, Lluvia trovò un opuscolo nel negozio di biologico vicino a casa che pubblicizzava il parto dolce. Il nome dell’ostetrica era Arianna e questo nome pieno di vento la ispirò subito. Chiamò e il suono della voce dall’altra parte la convinse ancora di più. Arianna le spiegò che avrebbero cominciato a vedersi a partire dal sesto mese di gravidanza con cadenza settimanale e lei l’avrebbe guidata passo a passo fino alla fine.
Il primo incontro fu molto rassicurante per Lluvia, che, pur essendo molto convinta della scelta fatta, non nascondeva di temere il momento. Arianna arrivò a casa sua – era una donna molto solare, sulla cinquantina, con un caschetto di riccioli, due curiosissimi occhi azzurri e la bocca sempre pronta al sorriso. Il nome le calzava a pennello, perché la sua presenza portava una ventata di aria fresca e anche il suo modo di esprimersi era molto svagato, come se mentre parlava avesse in mente qualcos’altro. All’inizio questa cosa lasciò Lluvia un po’ perplessa, ma con il passare dei minuti Arianna dimostrò tutta la sua competenza, spiegandole molto dettagliatamente cosa sarebbe potuto succedere, condividendo esperienze e soprattutto insegnandole la cosa più importante: l’uso della voce, strumento che permette alla madre  di  mettersi in contatto con il bambino attraverso le vocalizzazioni. Questa pratica estremamente semplice permetteva alla madre di imparare un tipo di respirazione profonda che agiva sull’addome e che sarebbe stata fondamentale al momento dell’espulsione. Le spiegò ovviamente che la puerpera non sarebbe stata sottoposta ad alcuna delle pratiche ospedaliere pre-parto, tutto sarebbe avvenuto seguendo i ritmi nautrali della madre e del bambino, ma qualora fosse intervenuto il minimo problema sarebbero corse in ospedale.
Erano sedute a gambe incrociate nel piccolo salotto accogliente di Lluvia e con le mani sul ventre incominciarono la vocalizzazione: un profondo respiro e il suono in emissione durante l’espirazione. Ogni suono emesso faceva vibrare internamente il corpo di Lluvia e lei sentiva che le correnti energetiche si sistemavano al giusto posto, come se il respiro consapevole avesse il potere di ripristinare antichi equilibri dimenticati. L’esperienza fu molto piacevole e Lluvia ringraziò il Cielo di cuore per quell’incontro. L’angoscia che l’aveva accompagnata negli ultimi giorni pensando al parto e alla sua solitudine di dolore si dissolse.
Era talmente contenta che quando la sua famiglia si disse assolutamente contraria a questa pratica, da loro definita da incoscienti, lei dichiarò: “Sono io che devo partorire e non voi! Quindi farò come ho deciso!”

Si stava avvicinando lo scadere del tempo e per tutto quel periodo la Regina aveva lavorato affinché la vasta coscienza di luce potesse restringersi al punto tale da rientrare ordinatamente all’interno di una coscienza umana. Dal suo spazio contemplativo era entrata sempre più in comunione con le anime di coloro che sarebbero stati i suoi genitori, esplorando e sondando i loro cuori nella profondità, così da fissare un legame la cui memoria sarebbe rimasta, anche quando le leggi terrestri avrebbero cancellato i ricordi del passato. Ciò che stava conoscendo di loro le piaceva: il coraggio appena risvegliato di Lupo, coraggio di ammettere la propria vulnerabilità di fronte alla vita, la sua capacità di ammettere di sentirsi piccolo, la sua tenerezza intrinseca e la sua voglia di essere immensamente amato. La forza di Lluvia, che a volte la faceva apparire troppo dura, ma che era generata dalla predisposizione a guidare e trascinare gli altri verso qualcosa di migliore. Lluvia non poteva sopportare di vedere qualcuno sprecare la propria vita nascosto dietro le paure e per questo spronava continuamente chiunque, diventando a volte assillante. Ma la sua era sete di libertà, di spingersi sempre più avanti, come se i suoi passi l’avrebbero prima o poi condotta alla fine dell’arcobaleno. Ancora non sapeva che la strada imboccata le aveva permesso di custodire nel proprio ventre colei che l’avrebbe portata direttamente dove nasce l’arcobaleno.
Il processo di restringimento della coscienza non era stato semplice. In realtà non lo è mai per nessuna anima, dopo che ha conosciuto lo spazio dell’infinito, ma soprattutto non lo era per la Regina, che non aveva mai provato prima l’esperienza. Il fatto di aver scelto di scendere l’aveva aiutata tanto perché aveva dato al suo viaggio un carattere di forza, che aveva facilitato il processo. Nell’oscurità infinita della contemplazione del processo di crescita cellulare, le mille luce sprigionate dalle molecole in movimento avevano accresciuto la sua gioia, permettendole così di tenere sempre alto il livello di energia interiore.
Ora la sua coscienza era stabile dentro il corpicino ormai formato e lei aveva preso confidenza con la forza di gravità che la spingeva verso l’uscita. Arrivò un momento in cui sentì una forte pressione dall’esterno e sua madre cacciò un urlo. “Ci siamo, Lupo, chiama Arianna. Credo che la bambina voglia nascere ora.”
Lupo fu preso dal panico. Una cosa era teorizzare sulla nascita in casa come fatto romantico di nido familiare custodito, una cosa era trovarcisi in mezzo, considerando che erano le due del mattino e si era appena svegliato di soprassalto.
Nel frattempo Lluvia, molto serenamente, si era alzata dal letto e si era accorta che le si erano rotte le acque. Si accinse a mettere su un po’ di musica e si infilò un pareo, accendendo degli incensi. Ogni volta che sentiva una contrazione, respirava profondamente e muoveva il bacino roteandolo per facilitare l’incanalamento del feto. I dolori non erano ancora molto forti e lei camminava per casa cantando Aretha Franklin a squarciagola, con buona pace dei vicini.
Quando arrivò Arianna la situazione era abbastanza avanzata. Sul pavimento della camera da letto erano stati spiegati dei teli di plastica per evitare di sporcare, e poi successe. Fu un movimento estremamente spontaneo. Lluvia non era più nel corpo, che si muoveva da sé, sapendo bene cosa fare. L’eredità genetica di milioni di donne che avevano compiuto quell’atto prima di lei la guidò nelle azioni e lei si ritrovò a spingere con tutte le forze attaccata al collo di Lupo, il quale, onde evitare di cadere, le andò a prendere una sedia. Facendo forza sulla sedia, il corpo di Lluvia spingeva verso il basso e con poche spinte la creatura fu fuori. Le ultime parole di Arianna furono: “Spingi, che riesco a vedere già i capelli!” I capelli! Che emozione! In un attimo la bimba fu fuori. Si accasciarono tutti a terra stremati, la bimba tra le braccia di Lluvia, con la testa reclinata. La scena fu strabiliante. La bimba aprì un occhio, guardò la madre e poi il padre, come per vedere se erano proprio loro, coloro che lei aveva scelto. Poi appoggiò il capino sul braccio della madre e chiuse gli occhi. Fuori stava sorgendo il sole.

Il viaggio della Regina era stato portato a compimento, l’atterraggio era avvenuto. Ora l’atmosfera su Ashtalan e Nalathsa era ancora più gioiosa, se possibile. I colori moltiplicarono la loro potenza, irradiando scie di aurore boreali come non se ne erano mai viste da quelle parti. I membri delle varie tribù presero a muoversi ovunque per la Valle, e così facevano i loro doppi su Nalathsa, portando ovunque la gioia del proprio cuore, generando una quantità immensa di energia positiva che si propagò lungo i due arcobaleni che univano le due palla-neve alla Terra. Da lì tutta la luce colorata si unì ed entrò nel punto di congiunzione dei poli nord e sud del pianeta grigio, che ne fu investito, e andò ad immagazzinarsi al suo centro, nel cuore di cristallo di quel globo. Lì l’antico cristallo a forma di prisma, nucleo vitale del pianeta, si colorò di mille sfumature iridate, emanando a sua volta un bagliore caldo e pulsante che saliva lentamente verso la superficie, nutrendo e purificando ogni singola cellula vivente di terreno, di roccia, di sedimenti, di acqua salata, di mondi interni, fino ad arrivare a toccare la crosta del pianeta, i cui abitanti cominciarono ad avvertire un tepore molto piacevole che fuoriusciva dal terreno. Gli animali furono i primi ad avvertire l’onda d’amore che stava arrivando e nella loro saggezza seppero che un evento importante si stava verificando e che presto sarebbe finito il periodo di schiavitù nei confronti della razza umana.

A palazzo ad Ashtalan Kimutako e i 2 reggenti erano raggianti, decisero subito di riunire tutte le genti per creare una rete di contatto telepatico con la Regina ed aiutarla in quel momento così delicato. Avrebbero fatto in modo che il contatto non cessasse mai, almeno per i primi tre anni di vita terrestre, il periodo in cui un umano è più esposto alle emozioni dell’ambiente, senza protezioni o filtri. Avrebbero organizzato un comitato addetto al contatto che si sarebbe dedicato a turno alla meditazione per sostenere, proteggere e nutrire la mente e il cuore della Regina. Inoltre era necessario ispirare nei genitori la scelta del giusto nome per la Regina. Il suono del nostro nome è la vibrazione che ci accompagna tutta la vita e il suo significato parla di noi e della nostra essenza. Era importante che la Regina indossasse la giusta sonorità, perché questa sarebbe stata la sua prima impronta. Bisognava fare in modo che il cammino iniziasse nella maniera migliore. Kimutako aveva sentito il suono che doveva indossare la Regina, ed era una parola che le parlava della sua antica terra, l’Africa. Era un suono dolce e breve, il cui significato nel mondo in cui la Regina era andata era meraviglioso e la legava intrinsecamente con esso: Grande Madre. Questo nome richiamava la missione di cui la profezia l’aveva investita e propiziava il giusto atteggiamento che avrebbe dovuto tenere durante l’età adulta e non solo.
La parola era SOUF.
In effetti Lluvia, poco prima di partorire, stava leggendo un libro di racconti africani, da cui era molto affascinata, da quando l’anno prima era stata in viaggio in Tanzania, a fare un bel safari fotografico nel parco Serengeti. Non si mai sentita così libera e sperduta in vita sua, in quegli immensi spazi desertici dove non si vedeva traccia umana all’orizzonte, in contatto con il cielo stellato la notte e respirando la polvere primordiale di quelle terre antiche di giorno. Era stato un viaggio che si era portata nel cuore per molto tempo e al ritorno aveva appeso per casa pezzi d’Africa che aveva acquistato e le permettevano di tornare a vivere quell’atmosfera calda e piena di colore che quel luogo le aveva regalato. Da allora aveva letto molto su quel paese e le era anche capitato tra le mani questo libro di racconti, in cui si parlava di una donna di nome Souf, un po’ strega, un po’ sacerdotessa, che si era presa cura di un intero villaggio durante una carestia e aveva salvato molte vite amministrando i pochi viveri con saggezza. Le era piaciuta questa figura femminile coraggiosa che aveva tenuto testa agli uomini del suo villaggio e aveva cominciato a ripetersi spesso il suo nome, tra sé e sé.
Parlandone con Lupo, anche lui si era trovato affascinato da quel suono, perché per loro tale era, più che un nome vero e proprio, e insieme avevamo deciso di pensare seriamente a questa opzione, anche perché non riuscivano a farsi convincere da alcun altro nome.
Al momento della nascita Lluvia aveva guardato quel corpicino abbandonato sul suo ventre, la piccola testa piena di capelli scuri e umidi, e aveva sussurato: “Benvenuta sulla Terra, cara piccola Souf, sapremo prenderci cura di te.”
La piccola Souf aveva vissuto quell’esperienza come un viaggio interminabile attraverso mille stati d’animo, dove, da una condizione di pace assoluta, dovuta anche alla comunione estremamente intima che aveva raggiunto con la vita emotiva della madre che la ospitava, aveva negli ultimi tempi cominciato ad avvertire una condizione quasi claustrofobica. I movimenti erano ridotti al minimo, e soprattutto erano assolutamente al di fuori del suo potere decisionale e dettati dall’istinto del DNA umano. Così aveva sentito l’urgenza di posizionarsi verso quello che doveva essere il fondo del ventre materno, sulla bocca di quella che avrebbe dovuto essere la via d’uscita dalla sacca di crescita dove era stazionata tutti quei mesi. Sentiva una grande pressione dall’esterno e una forza che la obbligava a farsi strada in quel tunnel troppo stretto. La testa premeva e le doleva, sentiva il corpicino dolere e una grande urgenza di uscire di lì al più presto. Ad un certo punto, la testa si trovò incastrata e non si poteva più muovere, ma fortunatamente durò un secondo. Alla fine si sentì sgusciare in uno spazio infinito, dove non c’erano più pareti di protezione intorno a sé, ma avvertì il calore del contatto con un'altra fonte di protezione, il corpo di sua madre vissuto dall’esterno. Realizzò di essere atterrata. Trovò la forza nella sua infinita sfinitezza di aprire un occhio e guardare gli esseri che la circondavano, poi si addormentò.


CONTINUA

























CAPITOLO 11 - LA FORZA COMPLEMENTARE


All’inizio fu una miriade di luci,  mille punti esterni che convergevano in un centro, compattandosi a formarne uno unico, la prima cellula madre, il Fiore Sacro della Vita, il Segreto della Geometria Sacra della Vita, la forma primordiale, il Centro dell’Esistenza.
Dalla prima nasceva la seconda, poi la terza, e via via, accumulandosi una intorno all’altra, rotonde, eleganti nella loro danza di assembramento.
I suoi occhi potevano osservare bene il loro gioco meraviglioso, stupiti, perché la Vita crea sempre lo Stupore del Risveglio, anche nelle coscienze più elevate.
La prima cellula cominciò a roteare su se stessa vorticosamente, velocissima, e così facendo si espandeva in una seconda unità, uguale in ogni caratteristica, la prima cellula figlia.
Intorno era tutto buio, un buio mai visto né sperimentato prima, un buio che inghiottiva ogni cosa, che conteneva in sé la latenza del Tutto ed era da quella latenza che provenivano le luci, chiamate in causa da una Coscienza che aveva bisogno di loro per prendere una forma che la contenesse, che fosse adeguata a contenerla. E quel buio sapiente e onnisciente emanava un quantum di luce perfetta e ideale per quel tipo di Coscienza che lo stava richiedendo.

Come tante creature dell’Acqua, anche la Sirena Taoshin era nota a pochi. Se ne stava tutto il tempo sullo scoglio sotto la montagna sacra Eleirbag, dove sapeva di poter trovare le sue amiche Fate, le uniche creature non acquatiche a cui dava confidenza, anche per via del linguaggio – la telepatia era diffusa anche tra le Sirene, ma le immagini erano diverse a causa della diversità dell’elemento in cui si trovavano immerse.
L’Acqua trasportava i pensieri e le immagini più lentamente dell’Aria e quando le Sirene provavano a comunicare con i componenti delle varie Tribù, questi vedevano arrivare nel proprio spazio mentale immagini talmente rallentate che il messaggio veniva completamente distorto. Immaginate che vi si voglia parlare di un pesce. La lentezza delle onde propagate nell’acqua avrebbe allungando il pesce fino a farlo diventare un’anguilla. L’equivoco era forte!
Nel caso in cui erano gli altri a voler comunicare alle Sirene, queste venivano colpite da una profusione di scintille all’interno del proprio cervello che non riuscivano ad afferrare neanche un minimo fotogramma. Con le Fate era diverso, la loro natura profondamente immersa nella Magia, così simile a quella delle Sirene, disponeva un ponte di luce, una corsia preferenziale tra le due razze che non c’era proprio bisogno di immagini per comunicare, perché era il cuore che si connetteva all’istante.
Quel giorno, Taoshin, come al solito, andò a cercare la compagnia delle sue amiche per essere informata sugli ultimi eventi, visto che anche nel mondo subacqueo era arrivato sentore dell’imminente cambiamento planetario.
Arrivò Aifòs, la fata preferita di Taoshin, perché era la fata della Lavanda e Taoshin adorava quel profumo che occultava il suo afrore leggermente ittico.
Le due creature posero i loro cuori uno di fronte all’altro e il dialogo ebbe inizio:
“Quello che mi chiedi è vero, mia cara amica incrostata di alghe, cara creatura iridescente dai mille colori. La Regina ha intrapreso il viaggio e noi tutti dovremo prestissimo trovare un sostituto. Per ora si trova ancora tra noi fisicamente, ma la sua Coscienza è sempre impegnata nella Veglia della Creazione, per seguire il riprodursi cellulare da vicino e dare ad ogni fase di gestazione la giusta energia.
Abbiamo un battito di ciglia per trovare il sostituto e i Signori del Tempo ci stanno aiutando dalla loro dimensione. C’è una giovane che appartiene alla tribù della Regina che sarebbe adatta, ma ora che l’atmosfera nel mondo dei Grigi sta appesantendosi sempre più, anche il governo del nostro mondo è destinato a modificarsi e sicuramente sarà necessario mettere insieme un polo positivo e un polo negativo per creare una connessione maggiore e un radicamento orbitale più forte verso quel mondo.
L’intuizione è arrivata al Grande Signore del Tempo Ahau, il quale ha visto due volti di opposte fattezze unirsi e creare un’orbita perfetta – questo significa che alla giovane si unirà presto un giovane, che sembra già essersi fatto strada all’interno della Tribù. A loro starà l’ancoraggio e la sopravvivenza del nostro mondo.
Ma io non temo nulla, tutto è in divenire e noi non potremo mai scomparire perché i sogni vivranno sempre nel cuore di qualsiasi essere vivente”.
Taoshin espanse il proprio cuore ad abbracciare l’amica fata Aifòs con un caldo raggio di luce, ad esprimerle la sua essenza e presenza, la consapevolezza di quanto appena appreso e la divulgazione che avrebbe dato alla notizia nel mondo subacqueo.
Chinò il capo in cenno di saluto, al quale Aifòs rispose facendole comparire davanti un’orchidea viola e si tuffò nel Fiume Prezioso.
Nuotando verso la Grotta Profonda, che ospitava il Popolo delle Sirene, Taoshin chiamò a raccolta le sorelle e i fratelli, a cui emanò l’immagine del messaggio appena ricevuto.
L’energia del mondo di Ashtalan stava per cambiare per sempre. Il polo unico si stava sdoppiando, questo significava che il loro mondo avrebbe presto emesso uno specchio di se stesso, che avrebbe polarizzato il mondo dei Grigi dal punto opposto da cui si trovava la bolla contenente Ashtalan.
L’effetto sarebbe stato dirompente sul mondo dei Grigi, che avrebbe ricevuto due impulsi esterni contemporaneamente, opposti ma simmetrici e perfettamente complementari, e avrebbe ospitato l’energia di Luce della Regina.
Finalmente si cominciava a fare sul serio.

La visione, a osservare il fenomeno da un punto  dello spazio siderale, era di una bellezza incredibile: un’armonia di luci e di splendore, come una prolungata aurora boreale che abbracciava tutto lo spettro iridato dei colori.
La piccola bolla di luce a fianco del globo ora ingrigito, ma anticamente noto come Pianeta Azzurro, emise dal suo apice e dal suo pedice due fasce multicolori, due arcobaleni sinuosi che si mossero circumnavigando il globo da sopra a sotto e si andarono a posizionare all’estremità del pianeta opposta a quella della piccola bolla e si coagularono in un’altra forma rotonda, esteriormente ed intimamente uguale all’altra.
Si era appena generato il polo di forza complementare. 


CONTINUA

CAPITOLO 10 - L'INCONTRO SPECIALE




Nella sua abitazione Lluvia stava per andare a dormire. Era stata una giornata speciale, era riuscita a riconciliarsi con Nestore, il quale aveva dimostrato di comprendere il meccanismo malato che la propria madre metteva in atto nei suoi confronti e aveva deciso di non accettare più le sue richieste inopportune. Avevano deciso insieme che era venuto il momento di affrontare una relazione matura, che portasse ad entrambi soddisfazione e comprensione reciproca. Era successo tutto nel pomeriggio dopo il lavoro. Nestore la stava aspettando fuori dal posto di lavoro. Lluvia non si stupì di vederselo davanti, ne fu contenta intimamente e gli sorrise volentieri.
Lui allargò le braccia e lei si tuffò in quell’abbraccio di riconciliazione così rassicurante.
“Scusa, ho capito la situazione. Alla fine ieri sera ho telefonato a mia madre e le ho detto che non sarei andato perché avevo voglia di rimanere da solo. Ci è rimasta malissimo, ma le ho spiegato che alla mia età non c’è più bisogno delle lasagne della mamma. Ho cercato di usare parole gentili, per non offenderla troppo, ma avrei anche potuto baciarle i piedi, tanto non sarebbe cambiato nulla. Le ho detto che papà sarebbero stato contento di averla tutta per sé, lei e le sue lasagne. Mi ha comunque dato una risposta acida e ha chiuso il telefono. Mi dispiace molto per la sua testardaggine, ma la tua reazione ha aperto una breccia nella mia mente e ho visto il quadro dall’esterno. Grazie, anche se ci sono stato tanto male.”
Lei lo guardò molto stupita: “Accidenti! Dovevo reagire in questo modo molto prima, se questo è il risultato! Bene, hai fatto un bel passo avanti. Ieri sera ero decisa ad arrivare ad estreme conseguenze con te, se volevi continuare con quest’atteggiamento. Sul serio! Sono molto stanca di non avere attorno a me situazioni piacevoli ….”
“L’ho capito, sai. Per questo sono riuscito a fare questo salto di comprensione. Sentivo di averti spinto oltre un limite da cui forse non potevamo più tornare indietro. Ci tengo tanto a noi, a questo rapporto che abbiamo creato. Con te ritrovo un senso e riesco ad uscire dal guscio in cui mi piace tanto rifugiarmi. Non mi va di rinunciare a noi due, solo perché non riuscivo a vedere il cordone che ancora mi legava alla mia infanzia, alle aspettative di mia madre. È da un po’ che ne ero stanco, ma non me rendevo conto. Mi sentivo insoddisfatto ma non avevo messo a fuoco il motivo. In realtà più ci penso, più mi vengono in mente episodi di come mi sono messo da parte pur di far contenti i miei, soprattutto lei. Figurati che oggi mi sentivo talmente male che non ho neanche mangiato. Avevo un nodo nello stomaco, mi sentivo la testa pesante, ero uno straccio. Mi sono preso il pomeriggio libero, mi sono fatto un tè caldo e mi sono messo a letto. Quando mi sono svegliato mi sentivo un altro. Ho voglia di cominciare qualcosa di nuovo, mi sento un sacco di energia addosso, potrei iscrivermi a un corso di kick boxing o prepararmi per la maratona di New York, che ne so…”
Lluvia non credeva alle proprie orecchie e non riconosceva quell’uomo che aveva davanti, così sempre molto controllato nelle parole e nelle esternazioni emozionali. Questo era loquace e aveva un fuoco negli occhi che il solito Nestore non aveva mai mostrato.
“C’è una nuova luce in te, la percepisco bene. Credo che ti chiamerò con un nuovo nome, per festeggiarne l’apparizione. Non assomigli alla persona con cui ho parlato fino a ieri”
“Ma che dici? Un nuovo nome? Bè, può essere una cosa carina, ma che resti tra noi …”
“Ecco, adesso ti riconosco di nuovo. Senti, Nestore vecchio, sparisci! Io voglio quello nuovo di due secondi fa!”
Nestore rise di cuore e l’abbracciò più stretta. Finirono in pizzeria e poi a casa di Lluvia a fare l’amore appassionatamente, come se si fossero ritrovati dopo anni di inseguimenti infruttuosi e frustranti, ma anche con una nuova curiosità, come se non si conoscessero ancora.
Dopo l’appagamento, Lluvia guardò Nestore e gli disse: “Da oggi per me sarai Lupo, perché la luce del tuo sguardo ha la stessa magia del mitico animale, che come sai è anche il mio preferito. Io adoro il lupo perché è magnifico d’aspetto ed ha una regale dignità in sé, è solitario ma sceglie solo una compagna alla volta e ama la sua famiglia e i suoi cuccioli”
“E adesso perché mi parli di cuccioli?”
“Senti, Nestore ….”
“Ok, ok, ti faccio finire”
“Grazie. Ieri ti ho parlato di un mio sogno, anche se forse tu non ci hai dato peso. Bè, è stata un’esperienza stranissima. Mi è apparsa questa strana creatura, una bimbetta di due anni con un abitino delizioso, che però si atteggiava come un adulto, parlava come un adulto! Lei mi ha detto che io sarò coinvolta in non so bene quale missione … Non riesco a smettere di pensarci. Per questo ti parlo di cuccioli, perché l’immagine di quella bimbetta mi è rimasta impressa dentro nel cuore”
“Tu mi devi scusare, ma io a volte tendo a sminuire la tua indole sognatrice. È che per me non ha molto senso, anche se te la invidio, perché ti rende così gioiosa. Però devi ammettere che non si può dar retta a ciò che si sogna. In fondo sono proiezioni dell’inconscio …”
“Normalmente anche io penserei così, ma ti garantisco che questo era diverso. Il giardino in cui era ambientato il sogno era così reale, mi sembrava di esserci in carne ed ossa. Non so come spiegartelo, ma sentivo il profumo dei fiori, il rumore di un fiume, il tatto di quella manina … non è stato solo una proiezione del mio inconscio, anche perché, per quanto io sia sognatrice, tutto quel giardino delle meraviglie non appartiene alle mie solite immagini.
A parte questo, lasciamo stare i cuccioli, era solo per spiegarti il carattere del lupo”
“Certo, amore. Ascolta, anche se mi muore il cuore devo andarmene. Domattina devo essere in ufficio prestissimo per recuperare la mezza giornata che mi sono preso oggi”
“Va bene, non ti preoccupare. Mi dispiace per te che ti devi rivestire ed uscire, ma sai che per me non c’è problema”
“Sì, in effetti mi chiedo perché insisti a voler vivere da sola. Potremmo dividere le spese se vivessimo insieme”
“Verrò a vivere con te quando leggerò nei tuoi occhi la voglia completa di condivisione con me che non siano solo le spese di casa”
“Ok, come non detto. Ciao amore, sei stata stupenda stasera. Ti chiamo domani”
Rimasta sola Lluvia si stese nel letto e scivolò nel sonno.

A quel punto, ad Ashtalan, 70 raggi di luce d’amore emessi da ogni singolo membro del Cerchio Sacro avvolsero contemporaneamente la figura della piccola Regina, assisa nella posizione del Loto, che cominciò a sollevarsi da terra.

Lluvia si ritrovò nello posto magico che le era tanto piaciuto. Riconobbe il sentiero e cominciò ad incamminarvicisi, curiosa di scoprire cosa l’aspettava lungo la strada. Appena scesa la piccola collina, quando lo sguardo si apriva nell’interezza della Valle di Ashtalan, fu troppo stupita per credere ai propri occhi: a circa un chilometro di distanza c’era una figura maschile, innegabilmente simile a Nestore, anzi a Lupo, perché se si trovava lì non poteva che essere Lupo! La gioia fu incontenibile, gridò il suo nuovo nome e agitò il braccio in senso di saluto. Lui alzò lo sguardo. Lluvia non riusciva a distinguere i tratti, ma capì che doveva essere sorpreso quanto lei. D’istinto si corsero incontro, non riuscendo a trattenere la gioia e lo stupore di quell’incontro particolare nella dimensione del sogno. Nel momento in cui la distanza stava diminuendo, apparve davanti a loro nel mezzo del sentiero una luce accecante che piano piano si assorbì in se stessa e lasciò al suo posto un neonato di una bellezza straordinaria, bianco e rosa, due occhi dal dolce sguardo di cerbiatto e due rotonde guance paffute. Stava sdraiato sulla schiena, appoggiato su una morbida aiuola di viole mammole di un abbacinante color viola. Era seminudo, ricoperto di una copertina di pizzo bianco ed emanava un caldo bagliore, retaggio della luce appena svanita. Gli occhi erano rivolti al cielo, del suo stesso colore, vigili ed attenti, penetranti. Entrambi rallentarono e si avvicinarono cauti. Pur rendendosi conto di star sognando, Lluvia già sapeva che quello che stava vivendo era un evento speciale e si predispose ad accogliere questa esperienza con tutto il cuore. Lupo era invece immerso completamente nella fase onirica e osservava con curiosità la scena. La sua coscienza gli immetteva luce nell’anima per aiutarlo a lasciar andare le barriere oniriche e vivere con tutto se stesso quella realtà traslata. Il miracolo avvenne non appena gli occhi di Lupo furono agganciati da quelli del neonato. La profondità di quell’azzurro rosato lo penetrò nell’intimo e lui non poté resistere al richiamo. Si inginocchiò commosso e sentì come la dimensione del sogno si stesse trasformando in un’esperienza molto vicina alla veglia. La percezione che aveva delle proprie emozioni era molto chiara, come se l’atmosfera che lo circondava nutrisse una consapevolezza del nuovo sé che era appena emerso il giorno prima. Riusciva a percepirsi in una totalità sconosciuta, gli erano chiari i desideri, gli obiettivi da conseguire, ciò che poteva renderlo finalmente e veramente sereno ed in pace con se stesso.
“Questa è la felicità” pensò tra sé, “se mai di felicità potrò parlare. Questo è il momento in cui ci sono stato più vicino finora in assoluto”
 Si rese anche conto che una volta uscito da quella dimensione fantastica, quella consapevolezza sarebbe rimasta con lui, perché sentiva che gli si era incastonata dentro, sentiva un calore piacevole, di sicurezza e fiducia, all’altezza del diaframma, che rendeva il respiro fluido e profondo.
Lluvia si rese conto di quel dialogo interiore perché lo percepiva chiaramente. Erano nella dimensione della telepatia. Fu immensamente grata alla piccola creatura di questo miracolo ed afferrò la mano del suo compagno e gli si inginocchiò accanto per avvicinarsi al neonato. Entrambi si guardarono e lacrime di gioia sgorgarono dai loro occhi. La pienezza dei cuori traboccò dagli occhi e un alone di luce si sprigionò dalle loro figure, circondandoli ed inondando l’ambiente.
La vibrazione di tutta Ashtalan aumentò.
Due umani, due Grigi, avevano conosciuto ed accettato il messaggio di salvezza e di creatività, onorando lo scopo dell’esistenza di quel mondo parallelo. Questo avrebbe avuto un’onda immensa di risonanza sulla Terra, facendo svoltare un numero altissimo di altri esseri. Ashtalan avrebbe avuto il doppio della forza propulsiva e molti si sarebbero svegliati. Era un momento di alta sacralità, che sarebbe stato ricordato a lungo nelle cronache raccolte dai vecchi saggi.
Il neonato li guardò a turno, prima Lluvia e poi Lupo, e disse loro con voce armoniosa e cristallina, che ricordava una fresca cascata argentina: “Grazie per essere venuti. Speravo tanto di vedervi qui”
La sua voce era una piacevole nota musicale, ristorava la mente e calmava i cuori, così in tumulto.
Lluvia e Lupo si guardarono e capirono subito che significato potesse avere quel neonato per loro.
“Voi siete qui perché io vi ho chiamato. Ho bisogno che mi ospitiate nel vostro mondo, perché ho una missione da compiere laggiù ed ho scelto voi due come donatori cromosomici.
Siatene felici.
Insieme percorreremo una strada in discesa, costellata di felicità, se accettate la mia richiesta, ma prendersi cura di me non sarà facile all’inizio, perché dentro di me saprò cose che sono pericolose da conoscere nel vostro mondo.
Il posto in cui vivete è diventato un luogo molto inospitale per esseri come voi dotati di un’anima d’amore. Vi hanno portato a dimenticare le vostre origini, i vostri sogni, l’amore per le cose semplici e gratuite che la Natura vi regala ad ogni respiro. Questo mio mondo esiste per riportare la memoria a voi e per disperdere il grigio che avvolge le vostre preziose menti. Nessuno vi ha insegnato che la mente che possedete è uno strumento perfetto per vivere bene e non avete bisogno di alcun intermediario per acquisire serenità e fiducia, solo un dialogo diretto con il Maestro che è in voi e che vi accudisce, che è in voi e che siete voi per voi stessi. Siatene consapevoli. Questa è la mia missione, vengo per svelare questa piccola grande verità attraverso la vita che trascorrerò nel vostro spazio-tempo. Dovrete fidarvi di me, anche quando la mia età potrebbe voler dire il contrario nel vostro mondo e dovrete lasciarmi fare le mie scelte e seguirmi”


CONTINUA